TELE BLU
Don Filippo Peirano, archivista dell’Abbazia nel Settecento, ebbe il grandissimo merito di compilare un accurato indice degli oltre seimila documenti che componevano l’archivio dell’Abbazia nel 1760, dopo che tali documenti, dispersi durante l’occupazione austriaca del 1746, vennero riportati al Boschetto dai monaci che li avevano custoditi in altri luoghi. Tra questi documenti figuravano i molti Libri Mastri, nei quali i monaci registravano fina dalla fondazione quattrocentesca del cenobio, gli introiti e le spese sostenute per le diverse operazioni riguardanti il Boschetto, compresi naturalmente i lavori edili. Nel 15° di questi 44 libri andati purtroppo tutti dispersi, il Peirano riassumeva così una registrazione datata 1538:

“1538. Sepolcro Tele, pittura di dette”

Trattasi di un esplicito riferimento alle cosiddette “Tele Blu”, 14 teli raffiguranti le scene della Passione di Cristo, commissionate dai frati quale apparato effimero per le solenni celebrazioni della Settimana Santa, il cui ricordo era ancora vivissimo negli abitanti della bassa Valpolcevera nel 1820 che indicavano nella Cappella della Madonna (detta anche dela Santo Sepolcro) il luogo della loro ultima esposizione, come ricorda Fedele Luxardo nel suo libro del 1875.
I teli servivano a costruire ambienti provvisori all’interno della chiesa, in occasione delle festività pasquali. Acquistate dallo Stato nel 2001 e ora conservate presso il Museo Diocesano di Genova, vennero realizzate in tessuto di lino tinto in blu con l’indaco e dipinte in biacca e possono essere considerate antenati della famosa tela blu di Genova o “jeans”.

tre dei quali con porta, sono quelli del primo gruppo. Quanto al luogo di allestimento originario, si presume che fosse la Sacrestia nuova, fondata da Andrea Doria nel 1472, come sosteneva Uliano Bonzano, il maggiore studioso dell’Abbazia del Boschetto ai nostri tempi, osservando che: dall’ingresso della cappella, io teli con porta, che corrispondono alle dimensioni in larghezza della cappella, dovevano essere esposti con la successione: Getzemani, Ecce Homo e Crocefissione, quest’ultimo in prossimità del ciborio dell’altare Cinquecentesco, rifatto nel 1607. Con buona probabilità, l’altaretto con ciborio di allora, che doveva essere stato spostato nel Seicento per far posto al nuovo altare (e posto pare ad adornare il portale dei depositi del monastero), fu trasferito nella cappella di Palazzo Cattaneo dell’Olmo ai tempi in cui i Cattaneo possedevano entrambi gli edifici..

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