SACRESTIA NUOVA
Andrea Doria figlio di Bartolomeo, da non confondersi con il più noto omonimo, figlio di Paolo Ceva, costruì la seconda Sacrestia della chiesa nel 1472, demolendo, ricostruendo e probabilmente prolungando un edificio preesistente trecentesco, sull’angolo Nord-Est della chiesa, secondo l’uso ereditato dai monasteri medievali di riutilizzo di corpi di fabbrica già esistenti per adattarli a nuove esigenze.

L’ambiente conserva nei peducci angolari in pietra nera di Promontorio della volta, lo stemma con l’aquila piumata dei Doria, sopravvissuto all’editto giacobino che ne impose la cancellazione in epoca napoleonica.
Le due monofore estremamente allungate con strombatura interna (che si trova specularmente riproposta in facciata) decorata in bianco e nero sono frutto della trasformazione delle bucature preesistenti, che furono ridotte in luce ed innalzate, come dimostra la catena che attraversa sul lato interno le due finestre.
L’epigrafe che commemora la fondazione della sacrestia, ancora esistente, venne trasferita nel Chiostro minore dell’Abbazia dove è ancora ammirabile..

Sopra la porta di accesso all’andito dalla Sacrestia, è stata murata l’epigrafe che commemora le migliorie apportate da Luciano Lercari nel 1485 alla prima sacrestia del monastero, fatta edificare dal padre Gerolamo nel 1426 e da Luciano ampliata e arredata.

In fondo alla Sacrestia, sul lato orientale, si apre la porticina che conduce nel cosiddetto “Andito del Campanile”, un piccolo vano voltato che ospita la scala di collegamento alla torre campanaria, probabilmente realizzato nella seconda metà del Trecento, prima del passaggio della ecclesia de Grimaldis
ai Benedettini nel 1412. Tale vano presenta anche una piccola scaletta in discesa, in origine quasi certamente collegata con l’esterno, per un accesso alla chiesa dal versante orientale.
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La parete meridionale dell’andito, è l’unica decorata, con la raffigurazione della Passione di Cristo, narrata dal Getzemani alla Crocefissione con successione di scene sullo sfondo, che procedono dall’alto in basso sul lato sinistro e dal basso in alto sul lato destro. Al centro in primo piano la Flagellazione di Gesù, mentre nella lunetta superiore la Resurrezione. Di ignoto autore e collocazione che pone molti quesiti, l’affresco è stato datato intorno al XV secolo. L’esiguo spessore della parete muraria che lo ospita, molto minore del muro perimetrale contiguo, potrebbe suggerire una relazione con l’intervento di costruzione del corridoio di sacrestia, del quale la parete affrescata costituisce la testata settentrionale, fatto realizzare dai monaci per mettere in comunicazione l’andito del campanile con il chiostro maggiore. La datazione di tale intervento è ancora incerta tra la data del 1512 e la prima metà del Seicento, comunque patrocinato dallo stesso Ansaldo Grimaldi, morto nel 1539, ovvero dai suoi eredi che contribuirono molto generosamente al restauro barocco di inizio Seicento.

Va ricordato che l’incrocio delle vie Postumia ed Aurelia, appena a valle del sito dell’Abbazia, venne a crearsi almeno nel III secolo a.C., con conseguente probabile formazione di un insediamento pre-romano e di un nodo commerciale di rilevante importanza. Non si esclude che, successivamente, nei primi secoli di diffusione del Cristianesimo, possa essere venuto a stabilirsi in questo luogo anche un centro di propagazione della nuova religione, come spesso accadeva in corrispondenza degli importanti nodi di scambio delle merci. Quel che è accertato è che nel periodo della costruzione della cappella Grimaldina, all’inizio del Trecento, sul versante orientale della collina (dal lato dell’attuale Corso Perrone) dovevano già esistere degli edifici di un probabile borgo medievale, in seguito parzialmente incorporati nel complesso monastico. Il livello di terreno, adesso molto scosceso, al Est dell’Abbazia, doveva in origine essere molto più basso, anche rispetto a com’era prima dell’apertura di Corso Perrone nel 1934. E’ assai probabile che su questo versante siano stati sistematicamente riversati i detriti provenienti dai lavori edili di costruzione e ampliamento dell’edificio monastico, come ha mostrato la venuta alla luce di frammenti lapidei e decori databili a partire dal XIV secolo, in occasione di scavi edili avvenuti negli anni Sessanta del Novecento. 

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