IL CHIOSTRO MAGGIORE
Questo chiostro venne realizzato tra il 1492 e il 1519 riorganizzando uno spazio aperto preesistente e antistante la chiesa trecentesca. Sotto il profilo architettonico e distributivo l’Abbazia di San Nicolò, pur ospitando tutte le funzioni del monastero benedettino, non riflette lo schematismo e la razionalità delle abbazie cistercensi, che rifletteva il rigorismo dell’Ordine nella regolarità planimetrica. Il Boschetto rimase sempre fedele alla logica costruttiva iniziale di ampliamento architettonico progressivo attraverso il riutilizzo di corpi di fabbrica preesistenti e l’ampliamento e adattamento degli stessi alle nuove esigenze del momento. Questa genesi è riconoscibile in ogni spazio del complesso religioso, esito di un’attività trasformativa ininterrotta per secoli. E così il chiostro maggiore, raggruppando e mettendo in comunicazione tra loro gli ambienti riservati ai religiosi, separandoli da quelli aperte ai laici, pur nella regolarità planimetrica presenta diverse peculiarità. Intanto il pozzo che si trova in posizione asimmetrica, lontano dal centro quadrato del chiostro; posto su una vena sotterranea proveniente dalla sorgente di Coronata, è assai probabile che rifornisse d’acqua già la primitiva struttura della cappella gentilizia trecentesca con annessa canonica. Se paragonato a San Bartolomeo della Certosa, che condivide la medesima collocazione del chiostro rispetto alla chiesa, si nota la differente scelta al Boschetto di avanzare il prospetto della chiesa fino al filo del chiostro, interrompendo la serie dei locali del primo piano dello stesso.

La ricaduta sul colonnato è il maggiore diametro delle quattro colonne sulle quali insiste la facciata meridionale della chiesa; la colonna d’angolo manca anche del motivo decorativo cinquecentesco dell’anulo a metà del fusto, differentemente dalle altre tre angolari. Forse una scelta originaria oppure una trasformazione intervenuta nella fase del grande rinnovamento del complesso a metà del Seicento, come suggerirebbe il decoro pittorico, che riproduce sulla parete del chiostro il colonnato, raffigurando la colonna dell’angolo nord-Est come le altre tre angolari. Nel colonnato, i cui particolari scultorei hanno un carattere forestiero, che richiama quelli coevi di Coronata e della Certosa di Rivarolo, un piccolo motivo floreale su ogni faccia differenzia tra loro i capitelli.


Il ciclo affrescato delle lunette del deambulatorio, del quale si ignora l’autore, ha per soggetto una serie di prelati, pontefici, vescovi e abati con il presumibile scopo di una esaltazione dell’ordine benedettino, enfatizzata dall’iscrizione, posta all’inizio della serie, che recita: “Ad hanc dignitatem his mille elatos fuisse legitur” ovvero: “A questa dignità ne sono stati elevati duemila”. I quattro angoli del chiostro, partendo da Nord-Est e procedendo in senso orario, sono rispettivamente intitolati a: San Nicola, all’Abate, a San Gregorio e all’Abbazia. La maggior parte dei personaggi raffigurati è ignota, tuttavia si possono fare alcune osservazioni.

L’ultima lunetta di destra del prospetto della chiesa ritrae sicuramente San Nicola vescovo di Mira, che porta in mano il libro, il pastorale e le tre borse della carità, con le quali salvò tre fanciulle dalla perdizione..

Nella penultima lunetta di destra del prospetto orientale, è ritratta la figura di Papa Gelasio II. Nell’iscrizione sottostante, parzialmente perduta, si riesce ancora a leggere:”Gelasius ….. ex monacho pont”, un richiamo alla storia del benedettino che passò da monaco a pontefice.

In una delle due lunette che si fronteggiano nel corridoio di collegamento tra i due chiostri, in vcorrispondenza di quello che fu forse l’ingresso del nucleo primitivo del monastero benedettino fondato da Ludovico Barbo nel 1412, un monaco legge all’aperto e sullo sfondo, dal lato destro, vi è la raffigurazione di un fitto bosco, a monte di un corso d’acqua..

 Non è escluso che si tratti del bosco di frassini, lecci e castagni che nel XV secolo diede il nome al monastero, che divenne San Nicolai de Buscheti. Nel 1428 Cattaneo Grimaldi cedette al monastero il contiguum orto in sostituzione di una donazione pecuniaria annua. I frati, pur non gradendo lo scambio, accettarono “ad evitandas lites”, per non questionare. Nell’ultima lunetta di destra del prospetto orientale sono raffigurati insieme: l’emblema di San Nicola molte volte ripetuto del monastero, e composto da asta crociata e pastorale incrociati dietro la tiara e, sotto, le tre borse della carità; lo stemma dell’Ordine Benedettino, con i tre colli, la croce patriarcale e la parola PAX.

 La raffigurazione di San Gregorio Magno, collocata nell’ultima lunetta di destra del prospetto opposto a quello della chiesa, sottolinea l’importanza del Santo, che nei suoi Dialoghi scrisse della vita di San Benedetto. Nell’immagine molto sbiadita si riesce ancora a riconoscere la colomba, illuminata della luce dello Spirito Santo, che si avvicina all’orecchio del Santo come a sussurrargli la verità, mentre nella mano destra ritoccata forse vi era in precedenza la penna d’oca dello scrittore..

 Sul lato esterno del colonnato si può ancora notare un frammento di scrizione che spunta dall’intonaco: “diabolus inv ….”, forse una citazione che si riferisce al diabolus invidens che, durante l’eremitaggio di San Benedetto nella grotta di Subiaco, facendo cadere una pietra ruppe il campanello legato al secchio, con il quale il caritatevole monaco Romano avvisava il confratello quando calava il cibo per sfamarlo.

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